Stampe
|
Prima edizione:
1552: Il
dittionario di Ambrogio Calepino dalla lingua latina nella volgare
breuemente ridotto. Per Lucio Minerbi. [Venezia], a San Luca al segno
del Diamante.
Edizioni e ristampe:
1553: Il
Dittionario di Ambrogio Calepino dalla lingua latina nella volgare
breuemente ridotto. Per Lucio Minerbi. [Venezia], a San Luca al segno
del Diamante.
1554: Il dittionario di Ambrogio Calepino
dalla lingua latina nella volgare breuemente ridotto per lo signor Lucio
Minerbi gentilhuomo romano ...
[Venezia], a San Luca al segno del Diamante.
Biblioteca
dell’Accademia della Crusca – Firenze
|
L’opera e il suo sommario
|
sommario. Al reverendiss. et illustriss. suo signore il signor Christofano Madruccio della S.R.C.
cardinale, vescovo, et prencipe di Trento, et di Priscianone administratore perpetuo [di Marco Trivisano] (cc. A1r-A1v); Il Dittionario
di Ambrogio Calepino dalla lingua
latina nella volgare breuemente ridotto (cc. 2r-234v).
l’opera. Il vocabolario latino
di Ambrogio Calepio, detto - come il
suo autore - Calepino, fu pubblicato
per la prima volta a Reggio Emilia nel 1502; da allora fino al 1778 nella
sola Venezia ne furono stampate 74 edizioni, tra le quali Il Dittionario di Lucio (ma si firma
Lucilio nel suo Vocabolario dal
Decameron) Minerbi del 1552. L’edizione sembra simile, se non uguale, a
quella del 1553 e alla nostra del 1554: si può pensare a rilanci
commerciali di copie invendute o a ristampe.
L’opera raccoglie anche termini
domestici e dell’uso comune con una copiosità inusuale all’epoca. Al latino
del Calepino e di altri noti
vocabolari latini, come il Catholicon,
le Cornucopiae del Perotti e le Elegantiae del Valla, si affiancano
le forme volgari tratte perlopiù dai vocabolari dell’Acarisio e dell’Alunno, magari con trascrizioni letterali.
Ma spesso queste opere e il Vocabolario
del Decameron dello stesso Minerbi non bastano per documentare la
lingua dell’uso, di cui s’è detto, e l’autore deve ricorrere allora a
vocabolari dialettali veneziani e ferraresi. Si registrano, pertanto, forme
letterarie - anche di Ariosto e Sannazzaro - e talvolta inusitate (“Divimare val sciogliere, &
slegare. Dan.”; “Roffia è la
condensità, et tenebrosità di vapori humidi, & condensati. Dan.”) e
lemmi dialettali (“Anguria. Cucurbita, ae. alij eam vocant zucca”) o
dialettismi nelle definizioni (“Cochiume è il cocone”; “Balia, et baila val
nutrice, nena”). Le fonti sono consultate e citate ampiamente come dimostra
il seguente esempio: “Aggelare val congelare agghiacciare. Dan.
Quivi cocito tutto s’aggelava,
cio è congelava. Gelo, as, & gelor, aris. passivum. legitur. & significat frigore astringo. Iuve. saty. 6. Pavido gelatur pectore. Unde
gelatum lac dicimus. Colum. lib. 10. cap. 38. Gelatus caseus. Plin. lib.
14. cap. 3. Non ante demetuntur, quam gelaverint. A quo gelatio nomen
verbale. Pli. lib. 7 Si protinus edictis fructibus gelatio magna consecuta
est, etiam paucis diebus necat [...]”). Non mancano casi in cui le
definizioni sono stringate (“Leone animal noto”) o si tace sull’equivalente
latino (“Zuffolo è stromento musico pastorale”). Nella lemmatizzazione di
termini polisemici si registra un lemma per ogni significato: questa del
Minerbi è, infatti, soprattutto una lista di parole in uso che mostra ancora
forti debiti col modello dei glossari medievali.
|